SOMMARIO
Concetti fondamentali sull’illuminazione
Fonti di illuminazione per la visione artificiale
Tecniche di illuminazione
I 4 pilastri del contrasto dell’immagine
Applicazioni dell’illuminazione per la visione artificiale
Considerazioni pratiche
Nel campo della visione industriale, l’illuminazione per visione artificiale è un elemento cruciale per ottenere immagini nitide, ispezioni precise e risultati ripetibili. Non si tratta solo di illuminare, ma di creare il giusto contrasto tra oggetto e sfondo per evidenziare difetti, contorni o marcature rilevanti.
La scelta e la progettazione dell’illuminazione industriale è spesso sottovalutata, ma può determinare il successo o il fallimento di un sistema di visione. In molti casi, ottimizzare l’illuminazione è più efficace ed economico che investire in telecamere industriali più costose o software di visione artificiale complessi.
In un sistema di visione artificiale, la luce interagisce con forma, materiale e lunghezza d’onda. L’obiettivo è ottenere immagini ad alto contrasto, dove ogni dettaglio utile emerga chiaramente.
Concetti fondamentali sull’illuminazione
Per comprendere l’illuminazione per visione artificiale, è necessario partire dalla natura fisica della luce. La luce può essere descritta in due modi: come un flusso di fotoni, ovvero particelle dotate di energia, oppure come un’onda elettromagnetica che si propaga nello spazio. Questo doppio comportamento influenza direttamente tutte le tecniche e strategie di illuminazione utilizzate nella visione industriale.
Nel contesto della visione artificiale, si lavora principalmente con una porzione specifica dello spettro elettromagnetico, che va dalla luce UV vicina (circa 365–395 nm) alla luce infrarossa (IR) nel vicino infrarosso (fino a 1000 nm). Al centro di questo intervallo si trova la luce visibile (400–700 nm), ovvero quella percepibile anche dall’occhio umano.
Tuttavia, la sensibilità spettrale di una telecamera industriale è spesso molto diversa rispetto a quella dell’uomo. Alcuni modelli, infatti, sono progettati con una risposta spettrale estesa, che consente di acquisire immagini anche oltre lo spettro visibile, rendendoli ideali per applicazioni specifiche come la retroilluminazione IR o la rilevazione UV.
Radiometria e fotometria: misurare la luce correttamente
Esistono due principali modalità per misurare la luce in un sistema di visione artificiale: radiometria e fotometria.
La radiometria misura la potenza assoluta della radiazione luminosa, espressa in watt, senza tener conto della percezione visiva umana. È il metodo più accurato e indicato per applicazioni di visione artificiale, perché considera l’intera energia luminosa che colpisce l’oggetto, compresa quella non visibile all’occhio umano (come UV e IR).
La fotometria, invece, valuta l’energia luminosa in base alla sensibilità dell’occhio umano, utilizzando unità come lumen e lux. Questo approccio, sebbene diffuso, può risultare fuorviante nella visione artificiale, in particolare quando si impiegano sorgenti monocromatiche (come LED rossi, infrarossi o ultravioletti). Le lunghezze d’onda fuori dallo spettro visibile sono infatti considerate “zero” in termini fotometrici, pur avendo un impatto significativo sull’immagine acquisita dalla telecamera.
Per questo motivo, nel settore machine vision si preferisce parlare di irradianza (W/m²) o illuminanza (lx) solo se contestualizzate in base alla geometria dell’illuminazione, alla distanza di lavoro e alla superficie da illuminare.
Lunghezza d’onda della luce e risposta della telecamera
La lunghezza d’onda è uno dei parametri più determinanti per generare contrasto nell’immagine.
Materiali diversi reagiscono in modo diverso a seconda della lunghezza d’onda: ad esempio, una plastica nera può apparire opaca sotto luce visibile, ma risultare traslucida con luce IR. Oppure, un’inchiostrazione rossa può essere invisibile con luce rossa, ma ben leggibile con illuminazione verde.
Per ottenere un’immagine ottimale, è fondamentale conoscere la risposta spettrale del sensore della telecamera (es. quantum efficiency curve) e abbinarla correttamente alla lunghezza d’onda della sorgente luminosa. Questo principio è valido sia per telecamere a colori, sia per telecamere monocromatiche, che spesso vengono impiegate con filtri ottici per esaltare specifiche bande spettrali.
Fonti di illuminazione per la visione artificiale
La scelta della sorgente luminosa è una delle decisioni più critiche nella progettazione di un sistema di illuminazione per visione artificiale. Ogni fonte ha caratteristiche specifiche in termini di spettro, intensità, durata, stabilità e capacità di generare contrasto a seconda dell’applicazione.
Una selezione corretta dipende da diversi fattori chiave:
– il tipo di oggetto da ispezionare (materiale, colore, trasparenza);
– la velocità della linea di produzione;
– il livello di dettaglio richiesto dall’ispezione;
– le condizioni ambientali in cui opera il sistema (presenza di luce esterna, riflessi, vibrazioni).
Una corretta progettazione della sorgente luminosa non solo migliora la qualità dell’immagine, ma contribuisce anche a rendere l’ispezione più stabile, veloce e ripetibile, riducendo al minimo gli errori e ottimizzando l’intero processo di visione.
LED (Light Emitting Diode)
Oggi, i LED rappresentano la tecnologia dominante nell’ambito dell’illuminazione industriale, grazie ai numerosi vantaggi che offrono in termini di efficienza, versatilità e integrazione nei sistemi di visione.
I principali punti di forza includono:
– elevata efficienza luminosa;
– lunga durata operativa (fino a 50.000 ore, con mantenimento dei lumen);
– possibilità di selezionare lunghezze d’onda specifiche, ottimizzate per il materiale da ispezionare;
– stabilità, compattezza e facilità di integrazione con ottiche, diffusori e sistemi di controllo.
I LED monocromatici (come rossi, blu, IR) sono particolarmente efficaci per massimizzare il contrasto dell’immagine, soprattutto se utilizzati con filtri ottici per visione artificiale. I LED bianchi sono più adatti per applicazioni a colori o per situazioni in cui è richiesta una copertura a spettro completo.
Inoltre, la tecnologia LED supporta modalità di controllo avanzate come il trigger e lo strobo, consentendo una sincronizzazione precisa con la telecamera e garantendo immagini stabili anche in contesti dinamici.

Illuminatore LED industriale TMS Lite circolare LSW-00-050-2-X – luce diretta per ispezioni ad alto contrasto su superfici piane e marcature.
Fluorescente
L’illuminazione fluorescente, sebbene oggi meno diffusa, rappresenta ancora una valida alternativa per alcune applicazioni. È particolarmente efficace quando è necessaria un’illuminazione uniforme su superfici ampie, ad esempio nella lettura di codici o nell’ispezione di grandi PCB o pannelli elettronici.
Tuttavia, questa tecnologia presenta alcune limitazioni operative:
– bassa stabilità nel tempo (variazione dell’intensità luminosa);
– sensibilità alle variazioni di temperatura e frequenza;
– limitata possibilità di controllo e difficoltà di sincronizzazione con i sistemi di visione dinamici.
Quartz Halogen (alogena al quarzo)
Le lampade alogene al quarzo, spesso utilizzate in combinazione con sistemi a fibre ottiche, continuano a essere impiegate in contesti in cui è richiesta una sorgente molto brillante e concentrata.
I vantaggi principali includono:
– ampio spettro continuo (dalla luce visibile fino al vicino infrarosso), utile per applicazioni IR;
– buona resa cromatica e intensità luminosa elevata.
Tuttavia, questa tecnologia presenta diversi svantaggi:
– emissione di calore significativa;
– durata inferiore rispetto ai LED;
– bassa efficienza energetica e necessità di dissipazione termica.
Xenon
La tecnologia Xenon è principalmente impiegata in modalità strobo, dove sono richieste luci molto intense in impulsi brevissimi, ad esempio per ispezioni ad alta velocità su linee di produzione rapide.
Tra i vantaggi troviamo:
– elevata intensità luminosa concentrata in brevi flash;
– ampio spettro luminoso, che può essere filtrato per isolare lunghezze d’onda specifiche.
Tuttavia, l’illuminazione Xenon comporta anche diverse criticità:
– costi più elevati rispetto ad altre soluzioni;
– dimensioni maggiori e ingombro strutturale;
– maggiore complessità nella gestione di alimentazione e sicurezza (alta tensione, protezioni richieste).
Tecniche di illuminazione
Una volta scelta la fonte luminosa, è fondamentale definire la modalità di utilizzo. Le tecniche di illuminazione determinano come la luce interagisce con l’oggetto da ispezionare e, di conseguenza, come si genera il contrasto dell’immagine. In funzione della geometria, dell’angolo di incidenza e della diffusione della luce, si possono esaltare determinate caratteristiche superficiali, annullare riflessi indesiderati o rendere visibili difetti normalmente invisibili.
Illuminazione diretta
L’illuminazione diretta impiega sorgenti luminose come barre LED, spot o anulari, posizionate in modo da colpire direttamente l’oggetto con un angolo preciso. Questa configurazione è ideale per evidenziare rilievi, incisioni o imperfezioni superficiali su materiali opachi e poco riflettenti.
Quando utilizzata con luce monocromatica (es. rossa o blu), consente di ottenere un ottimo contrasto dell’immagine, soprattutto se abbinata a filtri ottici. È una delle tecniche più semplici da implementare e consente flessibilità nella regolazione dell’angolo di incidenza.

Es. illuminazione diretta: lettura di un codice datamatrix inciso su superficie metallica opaca mediante barra LED rossa
Illuminazione diffusa
L’illuminazione diffusa è la soluzione ideale per ispezionare superfici lucide, curve o con riflessi indesiderati. Utilizzando dome light, flat dome, o pannelli diffusori, la luce viene proiettata sull’oggetto da molteplici direzioni e angolazioni, riducendo al minimo i riflessi speculari e garantendo un’illuminazione uniforme.
È particolarmente utile in applicazioni di ispezione cosmetica, controllo di superfici metalliche lavorate, lettura di marcature su tappi o blister, e rilevamento di micro-difetti su oggetti con geometrie complesse.

Lettura di una stampa su tappo lucido con dome LED bianco – superficie uniformemente illuminata, senza riflessi
Illuminazione coassiale
L’illuminazione coassiale utilizza una configurazione ottica in cui la luce viene riflessa da uno specchio semitrasparente lungo lo stesso asse ottico della telecamera. Questo permette di illuminare l’oggetto frontalmente, senza generare ombre o riflessi parassiti.
È particolarmente efficace per superfici piatte e riflettenti, dove tecniche convenzionali come la luce diretta genererebbero bagliori indesiderati. Viene spesso utilizzata in applicazioni che richiedono massima precisione e uniformità, come ispezione di superfici lavorate o lappate, lettura di marcature laser su metallo, OCR su componenti elettronici, rilevamento di incisioni leggere su superfici omogenee.

Marcatura laser su alluminio leggibile solo sotto luce coassiale
Illuminazione indiretta
L’illuminazione indiretta sfrutta superfici riflettenti interne come cupole, tunnel o pareti coniche opache, per diffondere la luce sull’oggetto da più direzioni senza un’incidenza diretta del fascio luminoso. Il risultato è una scena illuminata in modo uniforme, morbido, senza riflessi evidenti né ombre dure. Questa configurazione è particolarmente utile per oggetti cilindrici o curvi (tappi, tubi, bottiglie), superfici altamente riflettenti, materiali che generano bagliori o distorsioni sotto luce diretta. Grazie alla geometria chiusa del sistema, l’illuminazione indiretta riesce a ridurre i riflessi speculari anche su materiali difficili, mantenendo elevato il contrasto dell’immagine e rendendo visibili i micro-difetti.

Ispezione della superficie laterale di una fiala cilindrica con luce indiretta.
Retroilluminazione
La retroilluminazione (o backlight) consiste nel posizionare la fonte luminosa dietro l’oggetto da ispezionare, in modo tale che l’oggetto si stagli come una silhouette scura su uno sfondo chiaro. È la tecnica ideale per applicazioni che richiedono misurazioni dimensionali precise, controllo di profili, rilevamento di fori, bordi e tagli, e verifica della presenza/assenza di elementi.
Quando combinata con sensori ad alta risoluzione e telecamere monocromatiche, questa tecnica permette di rilevare difetti con accuratezza sub-pixel, specialmente su pezzi sagomati, oggetti trasparenti o semitrasparenti (vetro, plastica), materiali da ispezionare in modalità linescan.

Ispezione del bordo di una pipetta in vetro retroilluminata a 660 nm.
Spotlight
Gli spotlight sono sorgenti luminose concentrate, progettate per focalizzare la luce in un’area ristretta. Possono essere utilizzati sia per generare illuminazione diretta che dark field, a seconda dell’angolo d’incidenza. Sono ideali quando è necessario mettere in evidenza dettagli molto localizzati, ad esempio incisioni laser su metallo, microfessure su superfici brillanti, rilievi su materiali plastici.

Ispezione di una marcatura su acciaio con spotlight radente.
Illuminazione lineare (linescan)
L’illuminazione line scan è utilizzata in combinazione con telecamere lineari e obiettivi lineari in applicazioni su nastri, bobine o materiali in continuo movimento. La luce, molto intensa e focalizzata, è proiettata su una linea stretta, in sincronia con la velocità del sistema. Applicazioni tipiche sono: stampa e packaging, controllo etichette e tessuti, ispezione su materiali traslucidi in trasmissione.

Ispezione continua su bobina con telecamera e illuminatore line scan.
Illuminazione UV e IR
L’illuminazione UV sfrutta lunghezze d’onda comprese tra 365 e 395 nm per generare fluorescenza su inchiostri, adesivi o materiali plastici speciali. È perfetta per verificare marcature invisibili, ispezione di colla UV o rivestimenti trasparenti, anticontraffazione.
L’illuminazione IR (infrarosso vicino 850–940 nm) penetra materiali opachi alla luce visibile, rivelando dettagli nascosti sotto superfici stampate o semitrasparenti.
Ideale per lettura di codici sotto plastica colorata, verifica di livelli di riempimento, ispezione su materiali compositi.

Es. di ispezione con illuminazione ultravioletta e infrarossa
I 4 pilastri del contrasto dell’immagine
Il contrasto è ciò che permette a un sistema di visione artificiale di “vedere” le differenze tra oggetto e sfondo, tra presenza e assenza, tra buono e difettoso. Per massimizzarlo, è essenziale comprendere e governare quattro variabili fondamentali, che costituiscono i pilastri del contrasto dell’immagine: geometria, pattern, lunghezza d’onda e filtri.
1. Geometria: l’angolo fa la differenza
La geometria dell’illuminazione riguarda la relazione spaziale tra sorgente luminosa, oggetto e telecamera. Cambiare l’angolo di incidenza della luce può modificare drasticamente il risultato dell’ispezione. Ad esempio:
– un’incisione su metallo può risultare invisibile con luce frontale, ma ben leggibile con illuminazione radente;
– un difetto in rilievo può apparire più evidente con una luce diretta inclinata rispetto a una luce diffusa.
Controllare la geometria significa modellare le ombre e i riflessi per mettere in evidenza ciò che conta e nascondere il superfluo.
2. Pattern: la forma della luce
Il pattern di illuminazione si riferisce alla struttura con cui la luce viene proiettata sulla scena. Alcuni esempi:
– una linea di luce sottile per un’ispezione linescan;
– un anello LED per illuminare uniformemente oggetti cilindrici;
– un punto stretto (spotlight) per focalizzare l’attenzione su una zona critica.
Personalizzare il pattern permette di migliorare la leggibilità di texture, bordi, rilievi e superfici irregolari.
3. Lunghezza d’onda: vedere oltre il visibile
La lunghezza d’onda della luce influenza profondamente l’interazione con i materiali. Usare la giusta lunghezza d’onda consente di:
– esaltare contrasti naturali (es. inchiostro rosso più visibile con LED verde);
– penetrare materiali (es. con luce IR si può leggere sotto un’etichetta);
– generare fluorescenza (es. con luce UV si evidenziano adesivi invisibili).
La scelta della lunghezza d’onda deve sempre essere valutata insieme alla risposta spettrale della telecamera, per assicurarsi che l’informazione venga acquisita correttamente.

Confronto tra illuminazione rossa, verde e blu: ogni lunghezza d’onda influisce in modo diverso sul contrasto e sulla visibilità dei dettagli nell’immagine acquisita.
4. Filtri: affinare la visione
I filtri ottici sono strumenti fondamentali per eliminare riflessi, migliorare il contrasto e bloccare lunghezze d’onda indesiderate. I più comuni includono:
– filtri passa-banda: lasciano passare solo la luce della stessa lunghezza d’onda del LED;
– filtri polarizzatori: riducono i riflessi su superfici lucide come vetro o plastica;
– filtri IR/UV cut: bloccano componenti spettrali non rilevanti per l’applicazione.
L’uso corretto dei filtri consente di aumentare la qualità dell’immagine, ridurre il rumore visivo e semplificare l’elaborazione software.
Questi quattro pilastri non sono indipendenti, ma lavorano in sinergia. Una buona progettazione dell’illuminazione per visione artificiale tiene conto di tutti e quattro, trovando il giusto equilibrio in funzione dell’oggetto, dell’ambiente e degli obiettivi dell’ispezione.
Applicazioni dell’illuminazione per la visione artificiale
L’illuminazione per visione artificiale trova applicazione in una vastissima gamma di settori industriali. La scelta della giusta combinazione di tecnica di illuminazione, lunghezza d’onda della luce e geometria permette di adattare il sistema a qualsiasi scenario di ispezione, migliorando contrasto, leggibilità e affidabilità. Di seguito, alcuni esempi concreti.
Ispezione di PCB e componenti elettronici
Nei processi SMT, la verifica dei componenti montati su circuiti stampati richiede immagini ad alta precisione:
– Per individuare componenti mancanti o ruotati, si utilizza una retroilluminazione abbinata a una telecamera lineare.
– Per leggere marcature laser su IC lucidi, si impiega illuminazione coassiale con luce rossa.
– Per identificare graffi su substrati o saldature difettose, funziona bene la luce diretta radente con LED blu.
Verifica di etichette e codici a barre su prodotti confezionati
Nel packaging, ogni prodotto deve essere tracciato:
– Per leggere un codice a barre curvo su una bottiglia, serve illuminazione diffusa ad arco.
– Per controllare etichette stampate con inchiostri UV, è ideale un modulo LED UV 365nm con filtro passa-banda.
– Per ispezioni su pellicole in movimento, si utilizza illuminazione a linee con sincronizzazione triggerata.
Controllo sigilli e marcature nel farmaceutico
Nelle linee pharma, sicurezza e tracciabilità sono critiche:
– Il sigillo di garanzia su un flacone può essere verificato tramite luce UV, che evidenzia l’adesivo fluorescente.
– Una marcatura lot sotto l’etichetta può essere letta con illuminazione IR 850nm.
– Per controllare la presenza di polveri residue in blister, si combina retroilluminazione + filtro polarizzatore.
Difettologia su componenti meccanici e metallici
Nella lavorazione metalli e plastica:
– Per individuare graffi su alluminio lucidato, si usa spotlight radente con LED blu e filtro polarizzatore.
– Per rilevare fori e sbavature su componenti torniti, funziona bene la retroilluminazione ad alta intensità.
– Per misurare profili con precisione sub-millimetrica, si combina retroilluminazione rossa + ottica telecentrica.
Controllo qualità alimentare e beverage
– Per verificare livelli di riempimento in bottiglie colorate, si impiega illuminazione IR (es. 940nm).
– Per controllare presenza di etichette corrette, si usa illuminazione diffusa bianca + sistema OCR.
– Per rilevare corpi estranei in contenitori trasparenti, è efficace la retroilluminazione rossa potente.
In ciascuno di questi esempi, è evidente come la scelta dell’illuminazione non sia mai casuale: è frutto di test, esperienza e conoscenza delle tecniche di illuminazione e delle proprietà ottiche dei materiali. Un errore nella progettazione può compromettere l’intera ispezione. Una configurazione corretta, invece, migliora sensibilmente affidabilità, velocità e ripetibilità del sistema.
Considerazioni pratiche
Oltre alla scelta della tecnica e della sorgente luminosa, ci sono diversi fattori pratici che incidono sulla riuscita di un sistema di visione. Ignorarli può compromettere anche la soluzione tecnicamente migliore. Vediamo i principali.
Ambiente di ispezione
La luce ambientale può interferire pesantemente con l’illuminazione progettata:
– in ambienti aperti, o vicino a fonti di luce naturale, è consigliabile schermare la scena oppure utilizzare illuminatori ad alta intensità e filtri passa-banda;
– in ambienti con macchinari riflettenti o superfici lucide, è utile integrare strutture anti-riflesso e usare tecniche diffuse o polarizzate.
Distanza di lavoro e campo visivo
Ogni illuminatore ha un’area di lavoro ottimale. Posizionarlo troppo lontano riduce intensità e uniformità; troppo vicino, può causare hot spot o angoli ciechi. Occorre sempre:
– verificare la distanza minima e massima consigliata per ogni modello;
– valutare l’area da illuminare in relazione alla focale dell’ottica e al campo visivo richiesto.
Per trovare la giusta combinazione tra ottica e illuminatore, è possibile utilizzare il nostro calcolatore ottico.
Sicurezza fotobiologica
Alcune lunghezze d’onda (soprattutto UV e IR) possono essere dannose per l’occhio umano. In questi casi è necessario:
– utilizzare protezioni meccaniche o schermi;
– prevedere segnalatori di attività luminosa;
– verificare la classe di sicurezza fotobiologica dell’illuminatore secondo EN 62471.
Alimentazione e controllo
I LED possono essere alimentati in modalità continua, per applicazioni statiche o a bassa velocità oppure strobo o triggerata, per sincronizzarsi con la telecamera e risparmiare energia. L’uso dicontroller LED dedicati consente di regolare intensità, durata degli impulsi e modalità operative, migliorando stabilità e durata del sistema.
L’illuminazione per visione artificiale non è un accessorio secondario, ma un componente strategico dell’intero sistema di ispezione. Una scelta corretta della tecnica, della lunghezza d’onda e della geometria della luce può fare la differenza tra un’ispezione imprecisa e un controllo affidabile, veloce e ripetibile.
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